La statua, appartenuta alla collezione romana del cardinal Cesi ed entrata nelle collezioni granducali sin dalla fine del XVI secolo, è, da allora nei corridoi della Galleria degli Uffizi. L’opera grandemente ammirata dai viaggiatori del XVII e XVIII secolo, offre un raro esempio di un tipo statuario di gusto lisippeo attestato con rare repliche nella tradizione copistica romana. L’opera, per il suo modellato raffinato e delicatamente chiaroscurato consente un suo inquadramento ancora nell’ambito del I secolo d.C.
L’opera raffigura Apollo con la cetra, seduto su un sasso e fra i piedi un serpente con la bocca aperta. Sono di restauro moderno il collo, il braccio sinistro, le corna e il ponte della cetra, la gamba destra dal terzo superiore della coscia, il piede destro, la parte adiacente della base e del serpente. Il braccio destro e la testa sono antichi ma non pertinenti.
Il marmo è da annoverare fra i più interessanti esempi di ripresa del modello ellenistico del fauno o dell’Apollo seduto, elaborato in ambiente greco-orientale alla fine del III secolo a.C. La statua non è stata oggetto di restauri almeno nell’ultimo mezzo secolo e questo ha favorito il deposito di spessi strati di materiali incoerenti.
Il restauro ha avuto come scopo principale il recupero della leggibilità dell’opera, tramite operazioni diversificate ma in sinergia tra loro, volte alla rimozione delle singole stratificazioni dei depositi superficiali più o meno coerenti, alleggerimento della presenza di cere d’api e paraffiniche e rimozione delle solfatazioni (riscontrate anche dalle indagini diagnostiche), che interessavano la superficie. Tramite la metodologia puntuale applicata si è reso possibile, infatti, mantenere la patina considerata in questo caso cinquecentesca e/o settecentesca. L’opera non presentava problematiche di stabilità, l’intervento si è limitato al recupero estetico.