A quelli che sono vivi simili molto, e naturali
Un sapiente restauro promosso dai giovani dei Rotaract fiorentini ha reso evidenti quelle caratteristiche di vivo realismo che già furono ammirate in antico in due cani molossi in marmo, donati a Cosimo I da Papa Pio IV
Cani, che pare con la testa in alto che abbaino ed a quelli che sono vivi, simili molto, e naturali. Francesco Bocchi alla fine del '500 nel descrivere le magnificenze della Galleria sottolineava la qualità straordinaria dei due cani molossi di marmo che secondo la tradizione riferita da Pirro Ligorio provenivano, assieme al cinghiale, dagli Horti Liciniani sull'Esquilino ed erano stati donati nel 1560 da Pio IV a Cosimo I che nel 1568, a detta del Vasari, li aveva esposti nel salone del I piano di Palazzo Pitti. Alla fine del '700 lo scultore Giovacchino Bruschi aveva tratto dai cani già allora collocati nel vestibolo della Galleria un modello in terracotta, conservato oggi nel Museo di Doccia. Grazie al finanziamento elargito dai giovani dei Rotaract e Interact fiorentini con la partecipazione dell'Associazione Amici degli Uffizi, il restauro, condotto con la consueta perizia dalla ditta Nike di Louis Pierelli e Gabriella Tonini, con il supporto prezioso di Antonio Russo, ha portato di nuovo alla luce quelle caratteristiche di vivo realismo che tanto avevano colpito gli antichi e che erano ormai quasi completamente nascoste sotto uno spesso strato nero che ne comprometteva la lettura. La resa plastica e naturalistica della muscolatura che ben esprime la forza e lo slancio represso del giovane animale, il trattamento accurato del pelame sulle zampe posteriori e sull'addome, la vivacità e l'irruenza tenute a freno che si intuiscono dietro l'espressione quasi assorta e noncurante, testimoniano la capacità e la sensibilità degli scultori e la finezza dell'originale ellenistico. Pur essendo stati realizzati sullo stesso modello, nella stessa epoca (forse l'età adrianea) ed anche nella stessa officina, le due statue differiscono leggermente tra di loro sia per la resa diversa del pelame sul collo e sulla parte anteriore, sia per la qualità del modellato che risulta più accurato nel cane a destra. Le operazioni di pulitura, condotte alla stregua di un vero e proprio saggio stratigafico, sono state accompagnate da un'accurata campionatura dei vari residui organici e dei collanti delle vecchie integrazioni, realizzate da Pasquino Pallecchi del Centro di Restauro della Soprintendenza Archeologica della Toscana. Sono state così avviate una serie di indagini sistematiche sulla natura della terra residua di scavo, ancora presente in alcuni tratti sotto la patina più antica, sulla dinamica dei vari interventi di integrazione (sulle orecchie, sulla parte anteriore del muso, su una delle zampe del cane di destra, etc.), i cui risultati potranno avere significato più compiuto se confrontati in futuro con quelli ricavati dagli altri marmi antichi della Galleria. Particolare interesse ai fini dello studio delle vicende collezionistiche dei due cani riveste il recupero di alcuni numeri di inventario, segnati sul margine esterno delle basi di marmo, attribuibili verosimilmente al '500, che fino ad oggi non erano più visibili.
Antonella Romualdi