Due risarcimenti per Tiziano
Due opere importanti di Tiziano sono tornate in Galleria dopo un restauro reso possibile dal finanziamento generoso di 'Kyoto International Culture and Friendship Association', tramite gli 'Amici degli Uffizi'
Le tavole con la Madonna delle Rose e col Ritratto di Sisto IV di Tiziano, dopo tanti decenni di ricovero nei depositi, tornano nella sala del Vecellio agli Uffizi. La prima è che è un'opera di poesia alta e soave è attendeva un rimedio sicuro alla grave patologia che fin dall'origine l'affligge; la seconda, invece è sofferente com'era nel supporto e di conseguenza nel colore -, non ha mai goduto di apprezzamenti tali da indurre a farla salire agli ambienti nobili del museo, di cui invece, a un'osservazione attenta, era ben meritevole. Oggi però entrambi i dipinti, grazie ai sensibili restauri di Alfio Del Serra e di Karin Weber (con Roberto Buda), possono essere finalmente risarciti. Già agli esordi dell'Ottocento la Madonna delle Rose figurava tra i quadri prediletti da pittori e copisti, che in Galleria chiedevano d'assumerla a modello. E doveva essere presumibilmente quel suo carattere affabile e quieto, ancorchè d'una sottesa fierezza, a muovere l'ammirazione degli artisti operosi in quella stagione. Non riesce difficile, infatti, immaginare quanto potesse essere allora apprezzata la chiarità di quell'etra azzurro solcato da lingue vaporose, quanto apparissero gentili quelle mani dove fiorivano roselline sbocciate fra serti di tremule foglie verdi, quanto fossero gradite quelle arie assorte eppure amabili. Personalmente, avvertendo io pure il fascino di quei sentimenti discreti, e pertanto mal sopportando quella presenza negata, ho per anni atteso impaziente che si prospettasse la soluzione d'un secolare problema conservativo; al quale finalmente parrebbero aver messo rimedio gli ultimi progressi della ricerca scientifica nel campo della creazione di contenitori capaci di mantenere al loro interno il microclima ideale per un'opera d'arte, senza tuttavia risultare ingombranti ed assumere il fastidioso aspetto di spaesati acquari, se non addirittura quello d'asettiche camere iperbariche per lungodegenti. Di nuovo (ma stavolta con quanta maggiore perizia) il restauratore odierno ha fermato il colore, asportando antichi ritocchi, talora maldestri e financo fuorvianti, e rimuovendo o alleggerendo, a seconda delle necessità, tarde vernici ingiallite. E il quadro, ovviamente, n'ha guadagnato in nitore. Ma tutto sarebbe stato vano, e il tempo ancora avrebbe obbligato a ulteriori ripari, se alla tavola non fosse stata assicurata un'umidità costante, in base a valori reputati idonei alla peculiare condizione del legno. D'ora in poi, se non interverranno elementi che costringano a nuove riflessioni scientifiche circa la conservazione del nostro dipinto,sarà il sistema di controllo igrometrico interno alla teca (appositamente realizzata e acquistata per gli Uffizi dal solito mecenate che ha finanziato i due restauri) a garantire la stabilità dell'opera e a consentirne l'esposizione nella sala di Tiziano; dove essa potrà, oltre tutto, essere confrontata con gli altri lavori del cadorino senza che nessuno s'avveda della sua differente sistemazione; giacchè, in occasione dell'intervento attuale, il medesimo mecenate ha voluto donare alla Galleria fiorentina anche una cornice antica, degna di riquadrare un testo sublime, facendo insieme da ricettacolo al tecnologico contenitore della tavola. Ed è una cornice preziosa; che, dorata, incastona adesso una gemma della collezione degli Uffizi. Se la Madonna delle Rose s'è imposta, senza che si potesse nulla eccepire, come opera indispensabile alla rappresentatività di Tiziano in Galleria, qualche titubanza poteva invece sussistere riguardo all'esposizione del Ritratto di Sisto IV. E però si trattava di titubanze che vivevano avanti il restauro ora compiuto; in virtù del quale segnatamente la testa di papa Sisto ha finalmente recuperato la sua plastica definizione. Erano, difatti, i ritocchi e la conseguente pesante verniciatura, la cagione dell'appiattimento di cui pativano il volto, il collo e il rosso camauro. Certo, ai guasti procurati al carnato da trascorse operazioni non c'è rimedio; sicchè i tratti somatici del pontefice non potranno ritrovare quel risalto e quella prominenza che in origine dovevano invece connotare le sembianze di Sisto. E' tuttavia indubbio che ora il capo si lui torna a muoversi in uno spazio che l'occhio riesce a percepire; tanto più che il fondo, rimossa quella piatta ripassatura che ingolfava di scuro la parete, ha recuperato una levità (sia pur travagliata) che giova a lasciare intuire una circolazione atmosferica intorno alla figura robusta del pontefice. E anche la mozzetta ha ripreso quel vigore di stoffa elegante e spessa, adesso che la luce affossa d'ombra le cunette e batte sui crinali delle pieghe, dipinte con un piglio così spavaldo da insinuare il quesito su quale aiuto di bottega potesse agire tanto fieramente su un quadro allogato al maestro. Quesito che si fa vieppiè pressante prolungando il suo deciso tratto si prosciugasse) che davvero uno è forzato a chiedersi quale allievo mai abbia avuto non già la valentia (chè, magari, qualcuno che stava con Tiziano poteva anche possederla), bensì è come si diceva è proprio la spregiudicatezza di muoversi con tale disinvolta maniera su una tavola la cui commissione era stata rimessa al maestro; il quale pertanto, nel caso di un'esecuzione d'un allievo, si sarebbe limitato all'impianto. Ma l'impianto d'insieme è poi così geniale da far presumere che qui soltanto si sia esplicato l'intervento diretto del Vecellio? E dunque come dubitare dell'autografia di Tiziano quando a nessun altro che a lui par credibile si possa attribuire la fattura del rocchetto? O quando s'avverte che verosimilmente la stessa mano ha dato di sciabola sulla mozzetta rossa negli sbattimenti luminosi? O quando s'intuisce che sempre quella mano è stavolta con più levità è ha lavorato di damasco il panno che cala alle spalle del pontefice? Dopo tutti questi retorici interrogativi si converrà che il nostro occhio alla fine ha soltanto trovato conferma alla memoria tramandata dal Vasari, che menziona un ritratto di Sisto IV, fatto da Tiziano e presente nella guardaroba di Francesco Maria, duca d'Urbino, con l'eredità di Vittoria della Rovere, pervenne nel 1631 a Firenze il nostro prezioso quadro.
Antonio Natali