La statua fiorentina costituisce la migliore replica di un raro tipo statuario raffigurante il dio della medicina Asclepio. In origine, il dio era affiancato da una seconda figura, molto probabilmente la figlia Igea, di cui resta a testimonianza parte della mano appoggiata sulla spalla sinistra del dio. La monumentale scultura fiorentina, entrata in Galleria già agli inizi del XVIII secolo e sin da allora oggetto di grande interesse da parte degli studiosi, sembra riferibile all'avanzato II secolo d.C. e ripropone con grande cura e sensibilità la forza dell'originario capolavoro greco, databile alla fine del V secolo a.C. Il recente intervento di restauro e manutenzione approfondita ha, in primo luogo, consentito di appurare la pertinenza della testa al corpo, da alcuni studiosi messa in discussione. La linea di frattura irregolare, riportata in luce alla base del collo in seguito alla rimozione della stuccatura, collima perfettamente con quella del busto, dimostrando come la testa, staccatasi probabilmente già in antico, sia stata semplicemente riposizionata sul corpo al quale apparteneva. La rimozione dei depositi di polvere e delle tracce delle antiche patine, stese per conferire al pezzo un'uniformità cromatica, ha, inoltre, conferito piena leggibilità alla struttura cristallina del marmo, che si è dimostrato essere un ottimo marmo greco, forse insulare. Alle puliture delle superfici, si è accompagnata la sostituzione delle precedenti stuccature che, in alcuni casi, come nel dito proteso della mano destra, avevano perduto del tutto la loro funzione, provocando il distacco del pezzo. L'occasione offerta da questo intervento, magistralmente eseguito da Gabriella Tonini e da Louis Pierelli della ditta Nike, e dalla conseguente movimentazione ha inoltre permesso di realizzare anche un'esaustiva campagna fotografica dell'opera (compreso il retro di cui sinora non esistevano riproduzioni) e una puntuale mappatura delle integrazioni post-antiche. Fra queste ultime, un interesse particolare ha suscitato la mano sinistra. Questa, frutto di un restauro tardo cinquecentesco o di inizio seicento, stringe in mano delle foglie di cui, solo in seguito alla loro pulitura, si è potuto conoscere nel dettaglio forma e caratteristiche, consentendo così di rivelarci un particolare sinora ignoto. L'aspetto lanceolato, il tipo di nervature e le dimensioni hanno infatti permesso di riconoscere nella specie botanica raffigurata, una gentiana asclepiadea, una pianta medicinale nota sin dal medioevo, evidentemente ritenuta dal restauratore rinascimentale il miglior attributo possibile per il dio della medicina.