Due fiorentini tra ‘600 e ‘700
Sono rientrati già da qualche tempo agli Uffizi due autoritratti della celebre collezione dopo il restauro eseguito da Alessandra Mariotti e diretto da chi scrive, in quanto direttore del relativo Dipartimento. Si tratta delle effigi di due buoni pittori fiorentini, Lorenzo del Moro e Niccolò Lapi, entrambi noti e apprezzati al loro tempo ma oggi meno conosciuti in quanto appartenenti a un periodo della pittura locale che, interessato da saltuari approfondimenti piuttosto che da una complessiva trattazione, è forse comunque destinato a rimanere in sotto tono, rispetto ad altre stagioni pittoriche qualitativamente più appariscenti.
Il primo pittore (1677- 1735), fu uno specialista nell’arte della quadratura ad affresco, arte che aveva appreso oltre che da Jacopo Chiavistelli, anche dal cugino Rinaldo Botti; essendo però anche allievo di Alessandro Gherardini, Lorenzo del Moro era in grado di eseguire personalmente e con ottimi risultati anche le figure che andavano a completare quelle finte strutture architettoniche. L’artista era assai ammirato dal biografo Niccolò Gaburri che ce ne fornisce dettagliate notizie: apprendiamo così che egli contribuì alla decorazione di diverse importanti chiese come San Domenico di Fiesole (soffitto, in collaborazione con Matteo Bonechi), Madonna de’Ricci al Corso, la chiesa del monastero di Rosano e, a Pistoia, il coro della SS.Annunziata, insieme a Giovan Domenico Ferretti. Tra i palazzi fiorentini da lui decorati troviamo i palazzi Gondi, Gerini, Tempi, Vitelli, Altoviti “dei Visacci”. Lavorò anche per i Medici fornendo cartoni per arazzi e dipingendo affreschi nei soffitti del terzo Corridoio della Galleria degli Uffizi e per la villa di Lappeggi. Quanto a Niccolò Lapi (1666-1732), che i biografi dicono anche letterato e poeta, fu scolaro di Pier Dandini, ma secondo il Lanzi fu tra i pittori fiorentini che maggiormente risentirono della presenza in città di Luca Giordano (dal 1679 attivo per i Corsini, poi per i Riccardi): in questo senso possiamo leggere anche il suo autoritratto denso di toni bruni e affocati. Fra i suoi interventi ricordiamo gli affreschi nella villa Morelli all’Antella, in S.Jacopo sopr’Arno (cupoletta), in S.Firenze (tribuna), S.Marco (lunette del chiostro). Lavorò anche per la collegiata di S.Gimignano e per la chiesa dell’Abbazia di Vallombrosa (“Martirio del Beato Tesauro Beccheria”).
Entrambi gli autoritratti appartenevano alla collezione del medico pistoiese Tommaso Puccini che la cedette all’abate Antonio Pazzi, il quale a sua volta la trasmise agli Uffizi nel 1768.
Il restauro, eseguito grazie a due generose sponsorizzazioni da parte rispettivamente dei Cavalieri del Lavoro e della Riso Gallo, attraverso l’Associazione degli Amici degli Uffizi, ha consentito, col recupero di due pregevoli tele, di procedere con la valorizzazione di un settore forse meno appariscente della collezione ma la cui importanza tanto artistica che storica non va assolutamente trascurata. Sono infatti ancora molti gli autoritratti di qualità che potrebbero giovarsi di altri generosi interventi come quelli segnalati, per i quali la Direzione della Galleria esprime la propria viva gratitudine.
Caterina Caneva